Pubblicato da: patriziaugolini | 6 febbraio 2024

Osteoporosi e sistema immunitario

L’osteoporosi è una degenerazione della struttura ossea, con perdita di massa ossea, che nelle fasi più evolute può comportare maggior incidenza di fratture, e che può accompagnarsi ad artrosi, una malattia ossea e articolare a evoluzione cronica, e interessante prevalentemente le zone sottoposte a carico, come le ginocchia, le caviglie, il bacino, ma anche piedi, spalle, mani, e ogni altra struttura ossea.

In netto aumento nella popolazione, e avente un’origine multifattoriale.

Vi concorrono infatti varie cause: non solo legate all’invecchiamento e all’usura dei tessuti ossei, alla storia familiare, allo scarso apporto di calcio e vitamina D (legati essenzialmente ad alterazione della flora microbica intestinale), al fumo, ad un’alimentazione errata, alla vita sedentaria, ad un eccesso di stress, a predisposizioni genetiche, e a farmaci (in primis corticosteroidi), ma anche a cause endocrine, come disturbi alla tiroide, alle gonadi (come un ipogonadismo), alle paratiroidi o ai surreni (i surreni producono cortisolo e un eccesso di esso, sia per patologie ai surreni che per eccesso di stress, che aumenta il cortisolo, può portare, oltre a vari altri problemi, anche a demineralizzazione ossea), o, sempre tra le cause endocrine, può sussistere iperprolattinemia (la prolattina è un ormone secreto dalla ipofisi che aumenta sia per cure protratte con alcuni farmaci, sia in varie patologie tra cui disturbi alla tiroide, ovaio policistico ecc., con eventuale conseguente osteoporosi), o una carenza di estrogeni. Altre volte sono presenti malassorbimenti, che diminuiscono la capacità di assorbire calcio e nutrienti essenziali per le ossa.

Oppure sono presenti malattie tra cui artrite reumatoide, o altre malattie autoimmunitarie, legate dunque a problemi immunologici (infettivi).

Infatti, c’è una stretta correlazione tra le cellule immunitarie e cellule dell’osso, e per di più tali due tipi di cellule hanno dei progenitori comuni.

Dunque le cellule ossee risentono fortemente dell’ambiente che si crea nel tessuto osseo stesso, anche dal punto di vista immunologico, che può essere in uno stato di equilibrio, oppure di infiammazione. Se ad esempio nel corpo è presente uno stato infiammatorio cronico, anche se di basso grado e non conclamato, anche il tessuto osseo ne viene coinvolto, con alterazione dell’equilibrio fisiologico che si ha nell’alternanza tra fasi di riassorbimento (attuato dagli osteoclasti) e fasi di nuova formazione ossea (tramite gli osteoblasti, che appongono sempre nuova matrice su cui si depositano i vari minerali per una corretta mineralizzazione ossea).

Il fatto infiammatorio può interessare il tessuto localmente, come in caso di artrosi (più propriamente definita osteoartrite), legata ad una infiammazione alle ossa e alle cartilagini che rivestono le ossa, o può interessare più diffusamente varie zone, e tale processo può evolvere nel tempo. Oppure si tratta di un fatto acuto (in tal caso artrite, in cui è interessata soprattutto l’articolazione, di origine più spesso immunologica (infettiva), e si manifesta con dolore locale, associato a rossore e gonfiore, talvolta febbre. Se si cronicizza, si evidenzieranno danni cellulari alle strutture interessate. Ma più frequentemente si è in presenza di infiammazioni generalizzate, anche se latenti per molto tempo, che tuttavia coinvolgono vari tessuti, compreso quello osseo.

In ogni caso esiste uno squilibrio tra molecole pro-infiammatorie e molecole anti-infiammatorie, con diminuita capacità del corpo di modularne il giusto bilanciamento.

Ovviamente l’infiammazione, che è sempre una difesa in risposta a uno stimolo, può essere affrontata nell’immediato, con farmaci anti-infiammatori, ma è importante in seguito evidenziare e curare le cause di base, per evitare recidive ed evoluzioni croniche, con degenerazioni dei tessuti.

Nelle ossa (formate da cellule ossee dette osteociti) sono in grande attività gli osteoclasti, che, come dicevamo, riassorbono il tessuto osseo usurato, e gli osteoblasti, che sintetizzano nuovo tessuto osseo soprattutto attraverso la formazione di collagene, la struttura portante dell’osso, su cui si appone il calcio circolante nel sangue, insieme ad altri minerali importanti.

Tutti questi elementi devono poter assolvere la loro funzione sia per capacità proprie, sia in collaborazione con molte altre sostanze, molecole e cellule del corpo, e se tale funzione viene a mancare, si incorre in un deterioramento spesso progressivo delle microarchitettura del tessuto osseo, con osteopenia, fino alla osteoporosi.

Le cellule più importanti con cui collaborano sono appunto quelle immunitarie, le quali svolgono un ruolo importante nella fisiologica omeostasi ossea, e quindi anche nella sua resistenza, riparazione e rigenerazione. Se esiste, come dicevamo, uno stato infiammatorio, sarà predominante l’azione degli osteoclasti, che riassorbono l’osso, e a lungo andare, venendo meno l’azione degli osteoblasti con la formazione di nuovo osso, si avrà perdita di tessuto, con osteoporosi, e maggior rischio di fratture.

Tuttavia l’equilibrio osseo è regolato anche da altri fattori: vitamina D, che permette l’assorbimento del calcio, e deve essere idrossilata a livello epatico e renale; la calcitonina, secreta dalla tiroide, che frena l’attività degli osteoclasti (diminuendo il riassorbimento osseo) e favorisce la diminuzione del calcio nel sangue, opposizione all’azione del paratormone secreto dalle paratiroidi, che ne innalza invece i livelli, stimolando l’attività degli osteoclasti; gli estrogeni e gli androgeni, che favoriscono l’azione degli osteoblasti; la vitamina K2, prodotta in parte dalla flora batterica intestinale e in parte introdotta con la dieta, che trasporta il calcio nel tessuto osseo, aumenta la sintesi di collagene e lega i cristalli di idrossiapatite, componente essenziale del collagene dell’osso; il magnesio, che fissa il calcio nelle ossa (infatti la sua carenza può comportare il deposito di calcio in altre sedi, quali muscoli, arterie e reni, con conseguenti calcoli renali, arteriosclerosi e calcificazioni diffuse, oltre a sintomi come crampi, palpitazioni, dolori mestruali, stanchezza cronica e cefalea).

Il pH del sangue è un altro elemento essenziale, come sistema tampone del corpo: esso deve rimanere tra i valori di 7,39 e 7,41, e cioè a livelli leggermente alcalini. Un’alimentazione particolarmente ricca di cibi raffinati, con elevato contenuto proteico (come cereali raffinati, carni, latte, latticini e formaggi), o le solanacee, il caffè, l’alcol, tendono invece ad acidificare il pH. Anche lo zucchero bianco, trasformato chimicamente dalla sua origine naturale (deriva dalla barbabietola o alla canna da zucchero) in un prodotto esclusivamente chimico, ha un forte potere acidificante, che spinge l’organismo a compensare con la sottrazione di minerali dalle ossa.

Tale tendenza all’acidificazione viene neutralizzata in vari modi: nelle prime fasi prelevando sodio dai muscoli e consumando il fosforo, in fasi successive mobilizzando il calcio dalle ossa e liberando dai reni l’ammonio, che da una parte riduce l’acidità del sangue,  ma dall’ altra va a competere con l’ormone della crescita, rendendolo inattivo,  ed esso è molto importante per contrastare il deterioramento dei tessuti.

Da tutto ciò l’importanza di una sana alimentazione, che deve essere ricca di nutrienti importanti, e con capacità di assorbimento intestinale, cosa che viene meno in caso di infiammazioni o malassorbimenti.

Altri elementi importanti che concorrono al rimodellamento osseo sono la idrossiprolina (un aminoacido che può essere valutato nelle urine), che costituisce il collagene; la osteocalcina, proteina secreta da osteoblasti (oltre che da odontoblasti e condrociti, e con azione non solo sulle ossa ma anche sul pancreas, sul tessuto adiposo, sul muscolo, sui testicoli, sul cervello), oltre agli ormoni tiroidei.

Importante, anzi fondamentale, è inoltre svolgere regolarmente attività fisica, perché questa stimola la fissazione del calcio nelle ossa.  Si è registrato che già dopo nove mesi di pratica regolare di ginnastica, donne osteoporotiche in menopausa hanno beneficiato di un aumento di densità ossea delle vertebre lombari pari al 5,2%.  La ginnastica consisteva in esercizi che prevedevano il trasporto del proprio peso, della durata di 50- 60 minuti praticati per tre volte la settimana.  Le attività fisiche più indicate in questo senso sono: camminare, praticare jogging, ginnastica dolce, aerobica, ballo. Meno efficaci tutte le attività che si praticano da sedute o da sdraiate. Questo perché la forza di gravità è un’importante stimolo per l’osso.

Da tutto ciò si evince che non basta somministrare calcio, ritenendone la carenza come causa principale di osteoporosi, perché, a parte che in carenza di calcio occorre valutare ad esempio se non ci sia uno scarso assorbimento dello stesso (visto che è presente in moltissimi cibi, non certo solo latte), ma il fatto è che ci sono moltissimi fattori da considerare, tra cui appunto un eventuale stato infiammatorio.

Oltretutto introdurre il calcio in via terapeutica senza altre misure non solo non ne aumenterebbe la capacità di assorbimento dalle ossa (la cui causa va analizzata), ma si potrebbe depositare in sedi dove non serve, e verrebbe oltretutto eliminato con le urine se in eccesso o se inutilizzabile.

La diagnosi, oltre alla sintomatologia riferita e ai segni evidenti, si avvale di alcune indagini:

–esame radiologico

–esami ematochimici, in cui si valuteranno oltre ai parametri di routine (emocromo, creatinina, glicemia, bilirubinemia, VES, ecc.), anche quelli che possono dirci qualcosa di più dello stato del tessuto osseo, come il dosaggio dell’ osteocalcina (la proteina secreta dagli osteoblasti), della fosfatasi alcalina (enzima presente in vari tessuti ma soprattutto nel fegato e negli osteoblasti), del calcio, del fosforo, della calcitonina (ormone secreto dalla tiroide), degli ormoni tiroidei, della vitamina D, del paratormone, degli estrogeni o di altri metaboliti, anche urinari.

Altre indagini utili sono il dosaggio dell’idrossiprolina, sostanza che costituisce il collagene (che come abbiamo detto è la parte proteica di supporto alle ossa oltre che agli altri tessuti), la cui escrezione urinaria è direttamente proporzionale alla quantità di osso catabolizzato nel normale turnover (ricordiamo che l’esame viene effettuato sulle seconde urine del mattino dopo una giornata priva di ingestione di proteine), e vari altri esami a seconda dell’anamnesi del paziente. Per esempio se si sospetta una celiachia, si cercheranno nel sangue gli anticorpi anti-transglutaminasi, anti-gliadina, anti-endomisio e, ed eventualmente gli esami genetici per valutare la predisposizione alla intolleranza al glutine, e così via.

–MOC (mineralometria ossea computerizzata), che rivela lo stato di rarefazione ossea, e l’ultrasuonografia delle  dita della mano.

Vanno dunque sempre indagate le varie cause che, come abbiamo visto, sono molteplici.

Solo insieme alla valutazione e la correzione di varie cause alla base, possiamo parlare di terapie di accompagnamento utili: dalla vitamina D insieme alla vitamina K2, alla vitamina C (precursore della produzione di collagene), al magnesio (che contribuisce alla solidità dello scheletro almeno quanto il calcio), al manganese (che riduce lo stress ossidativo e la formazione di tossine, cioè di radicali liberi), al silicio (che  assicura la solidità scheletrica, la plasticità della cartilagine e l’elasticità dei tessuti), alla glucosamina (per la produzione di tessuto connettivo), alla condroitina (un glicosaminoglucano importante per la cartilagine), al metilsulfonilmetano (in pratica zolfo, importante per la formazione della cartilagine e la sua elasticità e flessibilità),  al collagene idrolizzato (fondamentale per ridurre la rarefazione ossea, dato che fa da collante alle varie sostanze e sostiene le cellule ossee), all’acido ialuronico (soprattutto ad alto peso molecolare), allo zinco, che stimola l’attività degli osteoblasti, e alla vitamina B6, che assicura la compattezza della struttura del collagene.

Possono essere di aiuto anche rimedi fitoterapici, come l’equiseto, la boswelia, la curcuma longa, la bromelina (anti-edemigena), lo zenzero (anti-infiammatorio, anti-ossidante), come possono essere utili la salix alba e l’arpagophytum procumbens (il famoso artiglio del diavolo), ad azione anti-infiammatoria e anti-dolorifica, e omega 3, tramite dieta e integratori.

Un aiuto valido ci può arrivare anche dall’omeopatia con rimedi scelti in base alla storia anamnestica personale, come Calcarea carbonica, Calcarea phosphorica, Calcarea fluorica, Natrum muriaticum, Alumina, Acidum phosphoricum, Silicea, Phosphorus, ecc. In caso di artrosi o artrite acuta si valuteranno anche altri rimedi per eventuali cause immunologiche, tutti farmaci che lavorano sia sulla persona che sul fattore eziologico, da psicologico ad infettivo che sia. Per le fratture si ricorrerà all’Arnica, al Symphytum, oltre a Drosera, utile in molti casi di neuroalgodistrofia (che consiste in una persistenza di dolore ed edema, quindi persistenza di infiammazione, dopo frattura).

Molti medici che lavorano con la medicina integrata si rivolgono anche alla micoterapia, cioè all’utilizzo di funghi terapeutici, che trovano largo impiego in molte patologie, e nel caso dei tessuti osteo-articolari ricordiamo soprattutto il Cordyceps, il Reishi, lo Shitake, l’Auricularia.

Da tutto ciò che ho descritto credo che in definitiva un tema tra i più importanti sia comunque quello dell’” inflammeging”, termine usato per indicare l’unione di infiammazione cronica e invecchiamento dei tessuti, sempre da varie cause, tra cui eccesso di molecole alterate, aumento di cellule invecchiate, persistenza di alcuni virus soprattutto di tipo herpetico (come e prevalentemente il citomegalovirus e altri patogeni non solo virali ma anche batterici, con conseguenze immunologiche), diete errate, stress cronico, traumi meccanici pre-esistenti.

Come psicosomatista non posso non accennare alla possibile origine psicologica del problema osteoporosi o artrosi, che sembra correlato a un conflitto di svalutazione di sé, innescato da offese, fallimenti lavorativi, sentimenti di inadeguatezza o incapacità, sensazione di inutilità. Nelle fasi di conflitto attivo è prevalente la demineralizzazione, nella fase di riparazione del conflitto è maggiormente presente il dolore. Per quanto riguarda le artriti, spesso si riscontra una certa rigidità e intransigenza verso se stessi e gli altri. Tutto ciò in linea generale, poi bisogna valutare caso per caso, e che zona del corpo è coinvolta di più.

Infatti ogni tessuto osseo può essere coinvolto, non solo a livello della colonna vertebrale. Se ad esempio esiste uno stato infiammatorio generalizzato, anche le ossa mandibolari possono essere coinvolte, con problemi odontoiatrici riguardo a difficoltà negli impianti, essendo l’osso più rarefatto.

Come sempre, in ogni malattia l’obiettivo non è solo quello di curare il corpo fisico, ma anche lavorare sul corpo emotivo e mentale, che danno segni di sé a tutti i livelli.

I fiori di Bach possono accompagnare la terapia, cercando, grazie all’auto-osservazione, l’ambito emotivo, mentale e anche più profondo, se vogliamo, da migliorare, al fine di ritrovare uno stato di leggerezza e benessere.

In ogni caso, ribadisco, in tale patologia multifattoriale, oltre alla valutazione dello stato immunologico, è fondamentale sia la dieta sia lo sport, spesso con il sostegno di un valido fisioterapista.

Trattasi dunque senz’altro di una patologie multifattoriale, a cui avvicinarsi con attenzione, scrupolo e ricerca di molti indizi, tra cui non solo lo stile di vita, ma anche le problematiche fisiche e psicologiche della persona che a noi si rivolge, con un approccio multidisciplinare e “olistico”, che in tempi di iper-specializzazione e riduzionismo è difficile da avanzare, ma a mio avviso è l’unico approccio valido, se si vuole davvero apportare un beneficio nel tempo, e da monitorare con cura, per prevenirne l’evoluzione degenerativa con tutte le sue conseguenze, in termini di inabilità fisica e demoralizzazione psichica.

Per fare questo, è importante una buona relazione medico-paziente, e, non meno importante, una buona relazione con se stessi, con il desiderio di approfondire e migliorare il proprio personale approccio alle vicende, pur se spesso faticose, della vita.


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