Pubblicato da: patriziaugolini | 9 marzo 2024

Walnut: quando serve, per cambiare qualcosa, o per accettare qualcosa che cambia…

Walnut è il fiore del noce, il suo nome botanico è Iuglans regia.

In realtà, Walnut non è un fiore, bensì un’infiorescenza, ed appartiene alla famiglia delle Iuglandacee. In Italia l’albero più diffuso di questa famiglia è quello del Noce, arrivato dai Balcani. E’ molto alto, può raggiungere 30 metri di altezza, e cresce vicino alle siepi e nei frutteti. Fiorisce tra aprile e maggio, con tanti fiori verdi. Esso comparve in epoche antichissime sulla terra, già nel periodo terziario, infatti l’impollinazione è affidata al vento, non agli insetti.

Per il dottor Bach il fiore del Noce è adatto a generare la capacità di adattamento, utile in ogni cambiamento.

E in questo particolare periodo, ne abbiamo bisogno un po’ tutti, soprattutto perché i cambiamenti vissuti e da vivere sono più rapidi che in passato.

Sembra proprio, oltretutto, che ognuno di noi sia alle prese non solo con cambiamenti esterni, ma anche e soprattutto interni, come se fossimo tutti chiamati a fare un salto…oppure no.

Oppure no, se decidiamo di rimanere nella stessa situazione e/comportamento, nonostante che spesso confessiamo a noi stessi che forse ci manca qualcosa, che vorremmo fare o pensare altro, per un nostro maggior benessere fisico e psicologico. Paure ed insicurezze non ci consentono il più delle volte di prendere il coraggio a due mani e rinnovarci, continuando nelle nostre abitudini, o situazioni, o comportamenti.

Eppure c’è qualcosa là fuori che preme, e spinge ognuno di noi a mettere in discussione qualcosa, a vedere più in profondità noi stessi, e oltre quella che sembra la realtà esterna condivisa.

La frase ricorrente di colui che ha bisogno dell’energia di questo fiore è: “E adesso come farò?”, oppure “Da dove comincio? Il solo pensarlo mi inquieta”..

La reazione al cambiamento è sempre piena di emozioni e può dar luogo a reazioni diverse legate alla personalità dell’individuo ed al suo vissuto più interiore.

La nostra mente ha la tendenza innata a fare sempre le stesse cose, a rifugiarsi nella vita, nelle azioni, nelle credenze, nei pensieri, negli ambienti, nelle azioni, che sono familiari, noti. Ciò serve anche a risparmiare energia, e ci è servito dalla notte dei tempi come risposta all’istinto di sopravvivenza. Ma, allo stesso tempo, è un po’ come rimanere fermi, e non ci induce a concretizzare moltissime altre possibilità, utilizzando il nostro intuito e la nostra parte creativa.

Bisogna considerare che se da un lato la ripetizione di schemi è stata utile alla nostra specie come società, è anche vero che l’evoluzione della stessa la dobbiamo proprio al desiderio di cambiamento, all’accettazione dello sforzo e della sofferenza, alla prova del coraggio nel sopportare l’attimo di smarrimento, soprattutto alla fiducia in ciò che abbiamo progettato, visto, intuito, e anche nel nostro cuore.

Una parte di noi vorrebbe rifugiarsi nel noto, o viene attratta dalle sensazioni del passato (che possono essere abbastanza allettanti dal non farci decidere per il cambiamento, o abbastanza negative da farci temere di provarne altre, se ci buttiamo nella nuova impresa), e un’altra parte ci stimola a fare altro.

Nei millenni l’uomo ha avuto così tanta capacità di progettare nuove strategie che ha formato così tante nuove connessioni cerebrali da non entrare più nella teca cranica, infatti il cervello ha dovuto ripiegarsi in decine di circonvoluzioni. cosa che non è accaduta negli animali. Se non l’avessimo fatto, forse ci saremmo estinti, chissà.

Si tratta di affrontare l’ansia di scenari futuri negativi, in caso di scelte che si vogliono fare ma si temono, o l’insicurezza, che non permette di lasciare cose note.

Ma bisogna pur vivere, non sopravvivere. Evolversi, piuttosto che accontentarsi solo di non essere estinti come specie. Ho la sensazione che questo periodo storico, da qualche anno a questa parte, ci chieda di dare una svolta, come umanità. Per farlo, bisogna staccarci da qualche abitudine o pensiero o sensazione del passato che non ci aiuta a progredire.

E ogni gesto, pensiero o scelta che ci porta avanti, si riflette intorno a noi, perché ogni cambiamento non rimane confinato al nostro essere, è come un piccolo contributo alla società intera.

All’inizio possiamo sperimentare una sensazione di fragilità, sbandamento, anche panico, perché è una strada nuova, ma ci guiderà la fiducia nell’obiettivo che ci siamo proposti, e nella nostra capacità di raggiungerlo. A tutti è dato, questo dono di farcela. Se pensiamo di non riuscirci, è solo perché siamo ancora attaccati a qualche credenza del passato che viene da chissà dove, che ci dice che noi, proprio noi, non possiamo farcela.

Il fatto è che siamo abituati a confrontare le nuove esperienze con quelle passate, e ciò è molto utile per l’apprendimento a lungo termine. Se vedo il fuoco e mi ricordo che mi sono scottato, non lo tocco più. E’ un processo importante. Per questo le sensazioni del passato hanno così forte presa sulle nostre decisioni. E quando progettiamo cose assolutamente nuove, non abbiamo un passato con cui poterle confrontare. Ma allo stesso tempo abbiamo acquisito la capacità di ragionare, analizzare rischi e benefici, focalizzarci sul progetto desiderato senza farci condizionare dalle interferenze dell’ambiente o dai dubbi, abbiamo il senso dell’avventura, la capacità e la volontà di agire, e la curiosità. E la voglia di provare nuove emozioni. E’ proprio così che si creano nuove cose, e i pensieri diventano realtà.

Per tornare a  Walnut, se dovesse servire, sembra essere questo il fiore più prezioso per accompagnare tutti i cambiamenti della vita, desiderati o indesiderati, dalla nascita in poi: parto, nascita, svezzamento, pubertà, prime mestruazioni, adolescenza, primi giorni di scuola o di un nuovo ciclo scolastico, un cambiamento di indirizzo professionale, un trasloco, il matrimonio, l’inizio di un lavoro, il pensionamento, la menopausa, un divorzio, una perdita, un cambiamento importante di vita o di lavoro, un cambiamento nello stile di vita.

Inoltre, insieme al fiore Honeysuckle (il fiore per “l’attaccamento al passato”) è la  “forbice della vita”, perciò utile in tutte le trasformazioni, come un tagliare di netto i rami secchi, per restituire vitalità alla pianta, all’essere.

Ha altresì la grande proprietà di proteggere dalle influenze negative esterne, o di situazioni o di persone, e spesso può essere utile con Aspen (il fiore della paura indefinita, di cui ho già parlato in altri articoli), se ci si sente condizionati irrazionalmente. Oppure di ausilio insieme a tutti gli altri fiori “influenzabili” perché magari insicuri o sottomessi o incerti sulla strada da prendere, o perché estremamente distratti, come Cerato, Centaury, Scleranthus, Clematis.

Può essere di grande aiuto anche per abituarsi a cambiamenti importanti dopo interventi chirurgici, esempio dopo applicazione di protesi, o di nuovi organi.

Bach lo consigliava anche in tutti quei casi in cui si teme che un’influenza esterna possa far recedere o deviare da un proprio obiettivo.

In definitiva Walnut dona la capacità di cambiare serenamente, o la forza di buttarsi in una nuova avventura o situazione, esterna o interna, che si desidera tanto e perfino ci si auspica, ma si teme anche, per paura dell’ignoto o della solitudine, o perché prigionieri di vecchie certezze.

Certezze che possono essere di grande conforto in molti casi, o dei macigni ai piedi, in altri.

In ogni caso, la spinta evolutiva a livello individuale e collettivo è più forte ora che nel passato, per cui volenti o nolenti, delle scelte molti di noi dovranno farle, con l’aiuto del coraggio, della fiducia, e dell’amore per se stessi.


Risposte

  1. Walnut quindi sarà un ..fiore per sempre, visto che la vita è continua Trasformazione :)) Affascinante questo stimolo che riesce ad offrire, come affascinanti tutti i suoi articoli, un concentrato di studio, passione e poesia pura.


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