Pubblicato da: patriziaugolini | 2 dicembre 2018

Le nostri migliori difese

Per “difesa” si intende, in psicoanalisi, un meccanismo messo in atto dall’Io, per proteggersi da emozioni o sentimenti troppo intensi e angoscianti, o inaccettabili.

Dunque ha una funzione protettiva, come qualsiasi difesa lo è. Per reagire a un attacco, a un rifiuto, o a qualsiasi evento avvertito come pericoloso, o che possa compromettere l’integrità di noi stessi, ci difendiamo in qualche modo, il modo a noi più consono.

In psicoanalisi però con questo termine si intende un processo inaccessibile alla coscienza, che reagisce a qualcosa che viene da dentro, e che ci spaventa. Avviene dunque attraverso “una trattativa” tra le varie istanze, cioè parti, dell’inconscio (Es, Super-Io, e parte inconscia dell’Io stesso).

Il fine di questa trattativa è proteggere tutte queste parti dall’angoscia relativa a un pericolo percepito, per mantenere un senso del Sé quanto più possibile coerente e integro.

In psicoterapia l’analisi delle difese è importante, per capire di cosa ha paura la persona, che cosa fa quando ha paura o quando si sente minacciata. E quanto si sente vulnerabile. Tanto più ci sente vulnerabili, tanto più ci difendiamo. Dipende sia dalla intensità del pericolo che percepiamo, sia dalla forza che sentiamo di avere, per fronteggiarlo.

Tutti conosciamo alcune di queste difese perché se ne parla tanto, a proposito.

Ad esempio la “rimozione” serve appunto a rimuovere dalla consapevolezza, cancellare, allontanare da sé, un ricordo, una esperienza densa di emozioni che non si vogliono ricordare, oppure si cancella l’emozione provata. Si possono “cancellare” non solo situazioni traumatiche o angoscianti, ma anche interi anni della propria vita, ricordandoli solo in frammenti, con emozioni sfumate. Oppure, magari ci sentiamo tristi o arrabbiati, ma non sappiamo perché. Il perché l’abbiamo cancellato dalla consapevolezza. Ci perdiamo la fede d’oro del matrimonio, ma la rabbia o la frustrazione provata nel matrimonio stesso l’abbiamo cancellate, rimosse, e il fatto che abbiamo perso proprio quell’anello apparentemente non ci allarma, magari la giustifichiamo col fatto che siamo distratti. Oppure per riempire un senso angosciante di vuoto inconscio abbiamo la tendenza a mangiare molto più del dovuto e abbuffarci a momenti, ma lo interpretiamo magari come un disturbo metabolico. Questa è la difesa più frequentemente e facilmente messa in atto.

La “proiezione” è una difesa a cui tutti siamo più o meno sottoposti in relazione con l’altro. Ad esempio una persona ci fa sentire la colpa che sente in realtà di avere in sé, nella maggior parte dei casi riuscendo nell’impresa (ci sentiamo cioè colpevoli noi, di qualche cosa) e facendone scaturire una specie di incomprensione nella relazione. Perché ci sentiamo in colpa ma sappiamo in qualche modo di non esserlo, e ci crea un grande disagio nel non saperla gestire. Il fatto che il suo senso di colpa “attecchisca” in noi prende radici nel fatto che tutti abbiamo dentro di noi quasi tutti i sentimenti e le emozioni che hanno anche gli altri: rabbia, paura, senso di vergogna o di colpa. Se l’altro ci “proietta” qualcosa, tale processo, che per così dire passa da lui a noi, va a toccare corde profonde che abbiamo già sperimentato nella nostra vita. E ciò è tanto più intenso quanto più è affettivo il rapporto con l’altra persona, o quanto più per noi è facile vivere quell’emozione.

La “razionalizzazione” come l’”intellettualizzazione” è una difesa che tende a dare motivazioni per lo più razionali a cose che vogliamo fare o avere ma non possiamo o temiamo di farle (non posso dare l’ultimo esame prima della laurea perché non sono abbastanza preparato, o perché non c’è il professore più in gamba, o perché ho troppe cose da fare in questo periodo….quando in realtà si teme di affrontare l’esame, per ciò che comporta in termini di cambiamento di vita). Oppure si “razionalizza”, per giustificare (sempre a livello inconscio) il comportamento per noi spiacevole di una figura familiare. Che magari ci fa anche rabbia, ma la rimuoviamo, come altra difesa. Le difese in genere sono più di una, verso la stessa situazione, o in generale, come modalità di comportamento (difensivo).

Il “diniego” è un’altra difesa che tende a negare l’esistenza di un fatto perché spiacevole, o di una emozione, una sensazione (il nuovo compagno di mia madre per me non esiste, ma perché inconsciamente è fonte di dispiacere), ed è più intenso della semplice negazione, che tende a negare solo l’emozione e non anche il fatto reale (lo so che lui esiste ma non sento nulla per lui).

La “sublimazione” serve a dirottare pulsioni aggressive verso scopi socialmente accettabili.  E’ una difesa definita “matura”, che porta ad esempio alla scelta di professioni o comportamenti socialmente molto utili, al fine di gestire, controllare e trasformare impulsi che non ci piace, o ci angoscia, sentire o avere. Scelte professionali come la chirurgia, l’odontoiatria, il mantenimento dell’ordine sociale e della giustizia (giudizi, poliziotti, ecc.), perfino la psicologia (mi curo degli altri per il senso di colpa di aver danneggiato qualcuno, o per timore di poter danneggiare, ecc.) o anche l’alta cucina, dove si può “maneggiare” un coltello per così dire artisticamente, per il piacere proprio e degli altri…

La “formazione reattiva” porta la persona a trasformare una emozione nel suo opposto: se sento inconsciamente di odiarti ma non voglio sentire questo sentimento, preferisco pensare di amarti e magari ti soffoco col mio amore. Può accadere ad esempio a un bambino quando nasce il fratellino.

Il “ritiro” è l’allontanarsi dal mondo o dal contatto con gli altri per paura di soffrire troppo. Un distacco emozionale che è come una fuga dalla realtà, che può proteggere ma allo stesso tempo portare gran disagio alla persona che lo prova.

L’”isolamento dell’affetto” è il separare una persona, una esperienza, dalla sua carica affettiva, perché angosciante, se si provasse. E’ una difesa scelta spesso contro un forte trauma o in situazioni estreme, molto angoscianti. Ci si può sentire “anaffettivi” verso una persona che vorremmo amare, per paura di scoprire che non solo la amiamo ma siamo anche arrabbiati, e questo non ci piace. Oppure scollegare un sintomo fisico dalla causa mentale senza considerare l’insieme della persona (è un po’ quello che si fa spesso in campo medico).

La “somatizzazione” come la “conversione”, riversa sul fisico un grande disagio emotivo che rimane fuori dalla consapevolezza.

La “scissione” ci porta a dividere tutto e tutti e anche se stessi in una parte del tutto buona (senza vedere i limiti, le mancanze, le parti negative) o una del tutto cattiva (tagliando fuori le parti migliori, o positive), a volte anche alternando le due cose senza mai vedere le sfumature che sono nel mezzo (tutto e tutti o sono buoni o cattivi, e tutti e tutto e pure io siamo a momenti del tutto buoni o del tutto cattivi). E’ una difesa considerata “primitiva” perché messa in atto soprattutto dal bambino piccolo, che non può, non riesce, a tollerare le contraddizioni della realtà, e delle persone importanti di riferimento.

L’”onnipotenza” ci serve a pensare di poter controllare le cose del mondo, per non esserne sopraffatti. E’ una difesa tipica del bambino, che all’estremo di questa difesa può sentirsi alla fine troppo responsabile o troppo colpevole di ciò che accade in famiglia, perché ritiene che tutto dipenda da lui, in un tentativo di controllare la situazione, e soprattutto se la situazione che vive è angosciante.

La “svalutazione” porta a sminuire se stessi, per svariati motivi: per insicurezza, per comportamenti appresi sbagliati, per proteggere qualcuno che amiamo dal nostro successo eventuale (pensando inconsciamente che quel qualcuno possa soffrire appunto per il nostro successo), e per tanto altro.

La “regressione” è il ritorno, involontario, a precedenti fasi della vita, con i suoi pensieri, sentimenti e comportamenti. Perché magari la persona si trova, nel presente, alle prese con un intenso conflitto. Nel bambino piccolo è una tipica difesa che può avvenire alla nascita del fratellino, quella di voler e cercare di, tornare piccolo come lui, con il ritorno a comportamenti che ormai aveva superato.

Lo “spostamento” consiste nello spostare su un’altra persona un sentimento che si prova verso qualcuno che però non si può o non si riesce ad affrontare direttamente. Questo tipo di difesa può essere all’origine delle fobie (ho paura dell’aereoplano, o dei cani ecc., che può nascondere ciò che è successo un giorno del passato mentre un aereo, o un cane, passava). Un esempio banale ma eloquente è quello della persona arrabbiata con il suo caporeparto che quando va a casa se la prende con la moglie, e magari la moglie, se fa anche lei la difesa dello spostamento, invece che reagire con il marito se la prende con il figlio, e il figlio con il cane, e così via.

Le difese sono anche distinte in “primitive” (o primarie), cioè prevalenti nell’infanzia, e che devono essere soppiantate da difese più “mature” (o secondarie) in seguito, per non creare grande disagio nel vivere quotidiano a contatto con le persone e con gli eventi della vita. Può accadere che nella vita di una persona si alternino difese mature a difese primitive, oppure che siano prevalenti quelle di un tipo. Se prevalgono quelle cosiddette “primitive” l’angoscia sottostante da “difendere” è probabilmente molto forte, e il disagio nel vivere è più intenso.

Ad esempio il diniego, l’onnipotenza, il ritiro, la scissione ed altre, sono difese più “immature” della rimozione, della razionalizzazione, dello spostamento, dell’umorismo o della sublimazione, che si considerano più “mature”.

Un’altra distinzione tra le difese, importante per lo psicologo, per capire e aiutare meglio le persone che a lui si rivolgono, è quella tra difesa “egosintonica” (la persona non sa che utilizza in modo esagerato tale difesa) e quella “egodistonica” (la persona se ne rende conto e magari se ne preoccupa). Perché il lavoro da fare nei due casi è diverso. Infatti nel primo caso bisogna prima portare la difesa egosintonica, che si utilizza in modo esagerato e disfunzionale, a diventare egodistonica, in modo che la persona si renda consapevole di ciò che sta accadendo dentro di lei.

Una volta si diceva che capire le varie distinzioni tra le difese aiutava a capire anche la diagnosi del disturbo da cui era afflitta la persona: nevrosi, psicosi, borderline, disturbi vari di personalità.

Attualmente si cerca, come si fa in tutto il campo medico-psicologico, a osservare tutto l’insieme della persona, a seconda di come vive ciò che vive, di quanta sofferenza porta in esame, di quanto riesce a permettersi oppure no, di realizzare ciò che desidera.

Ma quello che è importante è che le difese stesse, che di per sé, viste una per una, non sono mai una cosa negativa o pericolosa, perché hanno soprattutto una funzione di protezione, non siano utilizzate in modo massiccio, a scapito di un equilibrio tra di loro. In ogni caso, dato che servono a contenere e gestire l’angoscia e la sofferenza, nella loro funzione servono. Ma se sono utilizzate (in particolar modo quelle primitive) in modo costante e prevalente, e comunque non servono in definitiva allo scopo di star davvero bene, perché l’angoscia da cui difendono la persona è troppo forte e persistente, allora davvero è bene farsi aiutare, non per rimuovere le difese, ma per placare l’angoscia sottostante e trovare altre strategie al fine di vivere più serenamente.

Poi ci sono difese che consistono in “comportamenti”, e non sono annoverati tra le difese canoniche. Ad esempio la timidezza, può essere una difesa dal timore di venire respinti, o svalutati.

La compiacenza, può essere un tentativo di difesa dal timore di venire abbandonati.

L’umorismo eccessivo, il mettere tutto “in barzelletta”, può essere una difesa contro la propria aggressività.

Che siano immature o mature, dipende dal momento. Se abbiamo subito un grande trauma, e utilizziamo la rimozione o il diniego almeno nel periodo successivo, attutiamo il dolore che questo ci crea. Se per superare una malattia che ci dicono a prognosi infausta utilizziamo la negazione per non sentire il panico, o l’onnipotenza per sentirci padroni di controllare la paura e sperare nella guarigione a ogni costo, in un primo momento questo ci può aiutare, nel mentre che elaboriamo un piano strategico su chi vogliamo scegliere come nostro medico di fiducia e insieme a lui stabilire un piano d’azione quanto più possibile sereno ma anche basato su esame di realtà.

Infine, per alleggerire tutto questo discorso, ricordiamo che ci sono difese utili in assoluto: ad esempio la difesa per la propria libertà, o per la propria integrità fisica, o per la possibilità di esprimere il proprio parere, i propri sentimenti. Nel rispetto delle libertà altrui, ovviamente.

Diceva Woody Allen: sono stato picchiato, ma mi sono difeso bene. A uno di quelli gli ho rotto la mano: mi ci è voluta tutta la faccia, ma ce l’ho fatta…


Risposte

  1. Preziosi articoli che condivido sempre (“condivido” nei suoi 2 significati :)) morale e telematico).
    Ardua l’autoanalisi, l’individuare da soli le proprie reazioni in special modo i meccanismi interiori che ci portano ad assumere un certo atteggiamento e riuscire a sanarli completamente; ecco che l’aiuto del professionista ci spiana la strada. Grazie 🙂


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